Da diversi
anni il Museo del Paesaggio di Torre di Mosto sta seguendo
l’appassionata ricerca di Giovanni Cesca sulla rappresentazione di
paesaggio.
Si precisano ad ogni nuova prova i contorni originali
del suo lavoro che si misura con i canoni classici di questa pittura, a
partire dalla veduta, sino ad arrivare ad una propria sintesi di
colore-luce profondamente intrecciata all’avventura novecentesca che a
Venezia e Treviso ha trovato nel secolo scorso, nella pittura di
paesaggio, una particolarissima e originale interpretazione.
L’oggetto
“paesaggio” che ha sinora sempre ispirato questo artista, è quello di
una certa campagna veneta in cui il “naturale” delle acque, del
vegetale, del cielo dialoga ininterrottamente con un’architettura degli
spazi profondamente segnata dal lavoro ordinato dell’uomo che ne ha
costruito una mirabile tessitura di base, una forma in cui il naturale
può vivere e agire con ciò che gli è più proprio e cioè il colore in
tutte le sue accezioni e toni.
È
questa da sempre una caratteristica della pittura veneta che ha cercato
in ogni epoca un suo modo particolare di vedere quella relazione tra
natura e artificio; e che nel fare ciò si immerge nella storia viva
della visione di paesaggio, capace di rispecchiare l’armonia dei suoi
miti fondativi e insieme del suo complessivo divenire in atto. E ciò
fornendo in ogni epoca nuovi punti di vista, nuove sensibilità con cui
osservarlo e coglierne la parola.
La nuova mostra di Cesca,
sempre fortemente nutrita da questa tradizione storica e immaginativa,
sposta lo sguardo dell’artista, che è stata in questi ultimi anni
sempre particolarmente impegnato alla rappresentazione di una campagna
trasfigurata tra Sile e Tagliamento, al paesaggio urbano di Treviso.
Città
di storia, di cultura antica insieme seria e gioiosa, città bagnata da
tre fiumi, resa dai loro giochi d’acqua insieme leggera e trasparente.
Come
la rappresenta Cesca? Sanguigna e seria come le sue architetture,
gioiosa e riflessiva come le sue acque trasparenti e vive che già il
nostro sommo poeta ha immortalato.
Città con uno spirito, con una
sua propria personalità, frutto di grande storia civile, capace di
concepirsi nelle sue architetture, nei suoi squarci fioriti, sempre
come città intimamente legata alle sue campagne vive e operose, alle
sue ville ordinatrici, allo sgorgare e correre veloce delle sue
risorgive, che sempre è intenta a creare microracconti di armonie tra
acque, muschi e pietre.
Nella visione colta che di questa città
ci consegna, credo che Cesca abbia trovato, nel viaggio intrapreso
dalla sua immaginazione visiva, due numi tutelari con i quali lo
scambio è stato fittissimo; da una parte il Comisso che del gusto e
dell’atmosfera sensuale di questa città è stato poeta ineguagliabile e,
dall’altra, le rappresentazioni che di questa città e delle sue
campagne hanno dato nel novecento i suoi pittori.
Sono questi, di
cui due anni fa con il prezioso aiuto del Museo di Treviso, abbiamo
organizzato una grande esposizione, gli interlocutori con cui la sua
pittura entra in relazione e a cui porta un nuovo contributo.
La
relazione tra i due Musei è stata essenziale allora per il buon esito
dell’iniziativa, è operante oggi; ci auguriamo che essa possa
continuare nel comune operare affinché, anche per opera delle sue
rappresentazioni artistiche, il nostro paesaggio veneto sia ancora oggi
considerato e tutelato come una delle più preziose risorse culturali
della nostra terra. Giorgio Baldo
Direttore del Museo del Paesaggio di Torre di Mosto
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