GIOVANNI CESCA:Frammenti per una memoria condivisa di Stefano Cecchetto
2016
Fili, aghi,
bottoni, rocchetti, nell'intricato percorso di Giovanni Cesca si
diramano i ricordi dell'infanzia che osserva i primi segni dell'arte
nell'ordinato movimento del 'gesso da sartor'.
In mezzo al tracciato di questi segni si svela la presenza-assenza di
un mondo arcaico e dell'universo scomparso dei mestieri e delle cose
che ne dichiarano l'appartenenza.
Dentro al fluire di questi ricordi prende forma la fascinazione del
gesto pittorico nel quale l'artista rintraccia la 'vita silente' degli
oggetti ritrovati. Nella messa in scena di queste sue composizioni
Giovanni ricompone l'equilibrio del tempo e lo fissa sulla carta –
indelebile – perché lo spazio della sua indagine si snoda attraverso i
circuiti paralleli delle impercettibili distanze della memoria.
Il rigore della misura si esprime, in queste sue composizioni, anche
nell'equilibrio costante che sposta il segno tra la matita e il colore:
un equilibrio nel quale le immagini sembrano appoggiate in una vita
sospesa oltre il tempo, per un gioco sottile e gradevole di romantico
spaesamento.
L'opera di un artista sta tutta nella sua attività estetica, ogni
singolo dipinto è la sequenza di un racconto che svolge la sua
narrazione nell'intricato sviluppo della vita stessa, è un diario
dell'esistenza che svela le ansie, le indagini acute dell'uomo e supera
i preconcetti del linguaggio, che può essere astratto o figurativo, ma
scava sempre nell'inconscio fino a trovare una sua poetica
consolazione.
Artista per temperamento, Cesca è consapevole che è necessario
perseguire la padronanza del 'mestiere' e nella sua pittura la stesura
è sempre nitida, limpida, lucida. Le variabili incostanti del suo
fraseggio si scompongono e ricompongono nell'iconografia dei differenti
infiniti possibili, gioca col racconto e nello stesso tempo gira
intorno al soggetto: ora è lirico, ora ironico, ora malinconico, sempre
leggerissimo.
Scoperta la propria essenza, l'artista è ormai libero di vagabondare
intorno ai diversi linguaggi col disincanto di un'eterna metamorfosi
dove ogni moto dell'animo apre alla scoperta di orizzonti nuovi e
sofisticate esperienze di vita. Niente diventa definitivo nella sua
continua ricerca di assoluto, ogni fine è un differente principio, ogni
tesi diventa l'antitesi di un ulteriore processo creativo.
Mi piace considerare Giovanni Cesca come un'umanista in quanto egli
riesce a ricreare, anche nel suo lavoro in solitudine, l'atmosfera di
una 'bottega rinascimentale' che trasmette il sapere e lo stupore per
le cose realizzate con la febbrile fatica manuale.
Che si cimenti davanti alla descrizione di un paesaggio o scavi
all'interno delle cose egli riesce sempre a far affiorare quella
suavitas, quella sovrabbondante dolcezza che è l'ultimo segreto della
pittura.
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