GIOVANNI CESCA
di Leonardo Rossi
1973
La mostra di
Giovanni Cesca alla “Galleria 1 + 1 “ di Padova ha l’aspetto di una
retrospettiva. Infatti l’opera esposta ci fa conoscere lo sviluppo dei
motivi fondamentali della sua pittura: lo spazio, la figura, la storia,
negli ultimi tre anni di attività.
Già per la personale di S.Donà di Piave del ’70 il critico aveva
osservato: “…m’ha subito attratto il “plafond” di certi risultati
ottenuti non tanto in virtù di una sapienza, d’un magistero enucleato
nel segno d’un virtuosismo fine a se stesso, quanto il severo impegno
morale racchiuso, per così dire, all’abbrivio di certe sue istanze
poetiche più venate di implicazioni simboliche”. Oggi si nota come lo
stesso discorso iniziale si sia evoluto per profondità di analisi e per
coscienza critica. Le istanze simboliche, apparentemente surrealiste,
racchiudono un significato generale eticizzante. Il risultato di questo
intento è armonico, equilibrato; le sue realizzazioni formali sono
intimamente connesse al convertirsi del contenuto nella forma e
viceversa. Lettura formale e lettura contenutistica di un’opera devono
essere complementari in modo che la conoscenza dialettica dell’opera
riesca a coglierne il suo concreto contenuto storico.
Il soggetto ispiratore dei primi quadri del ’70 è frequente nella
letteratura dei soggetti dipinti da pittori del ‘900, Braque e
Sutherland per esempio. Il soggetto è ricco di possibilità espressive;
l’uccello è sinonimo dell’essere che cerca lo spazio, che anela allo
spazio poiché quello è il suo elemento. L’attualità di questo bisogno è
contenuta nella tensione escatologica profonda dell’uomo: la volontà di
liberarsi dai limiti angusti che lo costringono a soggiacere in una
realtà atomizzata dominata da un principio strumentale onnipotente – il
capitale – che conserva e procrea se stesso attraverso la rigenerazione
della divisione del lavoro, fondamenta sulle quali poggiano le
autonomie borghesi e di conseguenza la cultura.
La coscienza che la funzione dell’arte in una società divisa in classi
è di essere il travestimento idealizzante dell’ideologia della classe
dominante lo porta ad affrontare, passando per la critica della
società, la storia. Nel periodo degli uccelli la storia è
implicitamente presente nello spazio dipinto sotto forma di ambiente
sociale, la ricerca critica è all’inizio. Nel ritratto che Cesca fa
dell’ambiente l’atmosfera è densa, scomposta, sezionata della sua unità
di spazio e oggetto; si riconoscono gli influssi cubisti nella
composizione e quelli futuristi nella dinamica dei soggetti.
In “ Presenza n. 1 “la figura vista di profilo, in tensione per
mantenere l’equilibrio, si snoda dal basso in alto sfaccettata da forme
e colori snelli e sfuggenti che si espandono nell’arioso e frenetico
batter d’ali per risolversi nel cerchio, sintesi di precaria armonia.
L’uccello si regge in uno spazio che incombe sul suo corpo, che lo
stritola, lo coarta, per usare un termine caratteristico del pittore.
Esso è asfissiante, sordo, lo stridere dei suoi movimenti echeggia
nello strapiombo esplorato dalla zampa, lo spazio aperto e cieco,
libero perché mortale.
Il pessimismo è evidente quanto in “ Spazi e idee” il tentativo di
prospettare un cauto ottimismo: l’uccello è sempre inclinato e diviso
in una serie di forme circolari che colgono separatamente le parti
costituenti affinché l’insieme conformi la figura. La tensione della
figura è stringente, parossistica; anch’essa si snoda frammentata dal
basso verso l’alto. Dapprima su un cupo piano in prospettiva, affine
nella materia ma stravolta nella forma,a quello del precedente quadro,
poggia il primo elemento circolare, poi, per gradi, vari elementi
materiali sono sintetizzati nella forma circolare posta sul piano
frontale della tela. La contrapposizione dialettica dei due piani è
risolta, come in un crescendo pieno di dissonanze, in due forme
circolari sintesi di materia e forma, di reale e ideale inteso come
strumento ausiliare per riconquistare lo spazio.
Su questo rapporto del reale con l’ideale Cesca lavorerà in periodi
successivi ma, fin d’ora, questa nuova dimensione comparirà, appena
accennata, in alcuni quadri dove è rappresentata come traccia di una
struttura rigida e articolata separata dal piano dell’esperienza.
Il periodo degli uccelli, per concludere, è caratterizzato dalla
ricerca di spazio e di possibilità da parte dell’uomo di esprimersi e
di realizzarsi. Più la volontà umanistica si autodetermina come ideale
perfettibile e dover essere dell’uomo, più l’analisi dell’uomo reale è
tagliente e impietosa. Gli uccelli sono composti di pezzi metallici, di
materiali duri, freddi, insensibili. Dagli aspetti esteriori si
rivelano quelli interiori: l’insensibilità di quelle figure per se
stesse è la stessa di colui che vedendole esclama: “cosa vogliono
dire?”. Infatti quelle figure non sono “per sé” sono per noi. Il
pubblico piccolo borghese però tende o preferisce rifugiarsi nel
naturalismo e nel sentimentalismo.
Ambedue queste degenerazioni della natura e del sentimento hanno il
vantaggio di mettere in moto il meccanismo della mimesi, il quale
permette al fruitore dell’opera d’arte di stabilire un contatto con
essa identificandosene, senza intaccare l’immagine di sé che
l’individuo borghese s’è fatto interiorizzando la natura e
oggettivizzando il sentimento. Questi processi catartici hanno il
potere di sviare la realtà quale essa è per deformarla a misura di
quanto l’individuo vuol sentirsi dire e, poiché ognuno vuol sentirsi
dire quanto gli fa piacere o al massimo non nuoce, l’immagine di sé
dell’individuo borghese sta alla realtà come il sonno alla veglia.
L’intenzione di Cesca, nel ritrarre la realtà quale è ed accettandola
nella sua cruda e bruta apparenza, è di farla riconoscere ed accettare
dagli uomini in modo che sulle basi di questo riconoscimento si pongano
le basi per il suo superamento. La tregua estetistica non esiste
laddove c’è l’impotenza dell’uomo di emanciparsi oltre “l’umanesimo”
del consumo che mantiene i rapporti umani solo in quanto epifenomeni
dei rapporti di produzione. Il “ Personaggio n. 3” ha il pene mozzato e
cavo per denuncia e protesta contro questa situazione.
Posteriore a questo primo periodo analitico è il periodo sintetico. I
quadri vanno avvicinati intuitivamente come dei flash. Il mondo del
pittore è raccolto, caldo; gli oggetti materiali sono scomparsi
rimangono solo alcuni elementi comuni a tutti: gli occhi, il rosso e il
blu.
L’occhio è l’organo sensitivo – per un pittore non può essere
diversamente – privilegiato. Per mezzo suo egli conosce, esperimenta,
pensa la realtà dei vincoli, dei limiti, dell’immanenza e della
liberazione o trascendenza – usando una accezione del pittore -: Questa
sintesi ai confini con l’astratto è allo stesso tempo ermetica e
semplice, complessa ma chiara.
Il linguaggio sintetico usato introduce dimensioni esistenziali nuove.
Il rosso e il blu sono mondi antagonisti, il loro scontro-incontro
esprime l’angoscia della condizione umana, l’occhio percepisce ambedue
ma non se ne appaga, vuole scavalcare quei limiti per trovare una
continuità definitiva.
Lo spirito del periodo suscita, sul piano formale, intensi accenti
espressionistici di quel particolare espressionismo che passa dal
figurativo all’astratto per opera di De Kooning.
La foga espressiva aveva anche origini esistenziali. Il servizio
militare interrompe per un anno e mezzo circa l’attività di Cesca. In
quel “temps perdu” gli è possibile realizzare solo una raccolta di
disegni; del resto delle idee è una ecatombe.
Anche di Giovanni Cesca è quasi un’ecatombe. Le crisi depressive, i
frequenti sconforti ne erano gli aspetti più appariscenti ma le
difficoltà a riprendere il lavoro ed a leggere, ad esempio, erano la
misera realtà quotidiana.
Comunque appena tornato dipinge due tele gemelle dove rimescola le esperienze precedenti.
Elementi analitici e sintetici si alternano secondo una logica precisa.
Gli elementi materiali, simboli della coartazione, nell’insieme formano
una natura meccanica di cui egli vuole conoscere la ragione d’essere
storica in modo che siffatta conoscenza diventi sostrato della sua
ricerca. Allo studio del marxismo si aggiunge l’interesse per lo studio
psicoanalitico.
L’intellettualismo, sostrato del periodo futuro, è figurato sinteticamente dagli organi percettivi della conoscenza.
Questa partendo dall’analisi storica e sociale muove verso la
profondità della psiche: il cerchio diventa archetipo junghiano, un
segno semantico. Latente traspare il nuovo interesse per oggetti
primordiali e organismi viventi; anche la sensibilità acquista un nuovo
registro: la sonorità. Entrano in scena cornetti acustici e pentagrammi
ma, di fatto, la sensazione che i quadri suscitano è musicale.
La sintesi della ricerca su se stesso e della ricerca dell’altro da sé
è condensata nella “Statua sensibile ( Nei ricordi ) ”. In essa si
ritrova lo stesso discorso del periodo sintetico. L’angoscia della
figura, la profondità dello spazio riprendono, in maniera più razionale
e consapevole, quanto l’espressione astratta aveva reso esprimibile
solo intuitivamente. La figura dal suo piedestallo trascende lo spazio
che non è solo spazio ma unità di spazio e tempo per riconoscere le
cause prime, le lontane origini della civiltà.
L’astratta ansia di superamento del periodo sintetico si cala nella
figura umana, nella concretizzazione esistenziale. L’antagonismo dei
mondi del rosso e del blu si interiorizzano nella contradditoria
situazione in cui vive l’uomo: da una parte non poter rinunciare
all’organizzazione civile poiché ne andrebbe della sua sopravvivenza,
dall’altra di desiderare, per appagare le sua sete di felicità, di
compiere qualsiasi azione che creda opportuna al proprio
soddisfacimento.
Il periodo figurativo seguente è ispirato all’uomo contemporaneo
vittima del disagio della civiltà. Le figure maschili e femminili,
lacerate, oppresse dalla vita, sono cariche di effetto drammatico e il
silenzio in cui ergono è proprio del vuoto della condizione umana,
dell’inattualità della vita interiore, della facoltà di sentirne
l’esigenza e della possibilità di manifestarla. L’individuo non è più
tale è uno specimen biologico.
Contro questa realtà a venire, in parte già in atto, le figure sono
ritratte monumentalmente. I resti dell’uomo sono sostenuti dai suoi
affossatori, la schiavitù esteriore si interiorizza, la coscienza non
ha tregua, spazio libero, è paralizzata da ciò che vuole giustificare:
la realtà.
Ma la coscienza al di là della sua conformazione storica attuale, è
predisposizione a ricevere, è potenzialità che può essere plasmata
diversamente. Si potrebbe dire che assomiglia ad un buco che la
filosofia, la religione, la morale si affrettano ad otturare affinché
la sua massa incandescente non incendi la distaccata, fredda, pia
individualità del borghese. L’inevitabilità del rifiuto di quella
immagine della coscienza e, per altro, l’ineluttabile realtà che così
pure è la nostra coscienza, crea una dissociazione fra la figura e
l’ambiente di fondo. La monumentalità in cui sono ritratte le figure
suggerisce la loro corposità, la loro autonomia statuaria rispetto ai
cupi fondi ossessivi. L’effetto scenografico è accentuato dalla
voluminosità che si localizza ora sulle figure ora sui drappi.
L’effetto plastico è pur esso interessante. Il contrasto è tanto più
efficacemente espresso quanto più la figura, prometeicamente protesa
alla liberazione, si innalza e poi si proietta di scorcio in una
sarcastica, parodistica smorfia.
L’universo artistico di Cesca si arricchisce di luoghi mentali e di
possibilità espressive che potrebbero permettergli di tentare nuove
tecniche quali la scultura e la scenografia.
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