MERIDIANA VENETICA
La
volontà di confrontarsi con dimensioni del tempo diverse ha condotto
Giovanni Cesca all'incontro con la nuova generazione di Irene Franzin,
nella prospettiva di un'affinità elettiva e di una progettualità che
non hanno età, cementata dall'affettuoso ricordo di un amico, di un
padre. La giovane volontà di un'arte interattiva ed espressiva di un
presente dinamico che impatta con la suggestione dell'ambiente
circostante, altrettanto vivo ed operativo, dialoga con la tranquilla
maturità di un artista che sa distillare il tempo, offrendo una serena
stabilità pur nel continuo divenire dell'esistenza. Ne risulta
l'emblematico fascino di "Meridiana Venetica", realizzata nel giardino
di una dimora privata a Musile Piave, presso l'incantevole corso della
Piave Vecchia, retaggio di storia e di emozioni. La
salda presenza dello gnomone centrale assume la forma ricorrente dello
stilo che proietta la sua ombra per definire il tempo nell'essenzialità
pura dell'ora terza (ore 9), sesta (mezzogiorno solare) e nona (ore
15), che saranno segnate da semplici ciottoli fluviali, scolpiti
dall'acqua e dal tempo, ad individuare sul prato una lettera
dell'alfabeto venetico. Non c'è quindi trasformazione dell'ambiente
circostante, ma vi è piuttosto la scelta cosciente di assecondare la
natura, interpretandone segni e simboli all'apparenza scontati o
insignificanti, perché tutti i giorni sotto i nostri occhi: non si può
imbrigliare il tempo, ma è la vita stessa che attraverso il flusso
della natura lo accoglie liberamente ed elasticamente nell'esistenza,
lasciandosi a sua volta modificare. In
tale scelta di istinto e di docilità è emblematico che lo gnomone
marchi l'ora di mezzo nel punto che separa il livello più alto del
suolo, costituito da un terrapieno (Terra), dalla pendenza che scende
come dolce declivio, tra il verde, verso il fiume (Acqua): lo stilo,
che attraverso il legno con cui è realizzato partecipa dell'organico
della natura, proietta la sua ombra principale su una lunga trave
lignea vissuta dal tempo, identificato dal rettifilo razionale di una
linea bianca, solco che assurge a neutro "margine", linea di confine
tra acqua e terra, fattori costitutivi del paesaggio anfibio del Basso
Piave; e come eco suggestiva ritorna nell'acqua e nello strumento
scrittorio il richiamo alla venetica Reitia, signora degli stili e
della scrittura. In caratteri venetici, a specchio, come nell'acqua,
sul legno vissuto del rettifilo del tempo, sfuma la potenziale voce che
identifica la trave come "margine", perdendone l'eco tra il verde degli
alberi del suggestivo giardino, quasi a ricordare che non è limite ma
porta. L'uomo attraversa il tempo, così come il tempo attraversa i
rapporti tra i due elementi identitari di questo territorio: due
scalini accostano quindi decisi il "margine" neutro del tempo, rosso
(Terra) e blu (Acqua), come ponte tra diverse dimensioni, richiamate
anche nelle voci incise sul corpo dello stilo che guarda il fiume, con
musicale interpunzione sillabica per conferire un ritmo al suono che
accompagna il vicino scorrere delle acque: "A-cqua – Tem-po – Te-rra";
rispettivamente in blu, in bianco e in rosso tali parole che per queste
terre hanno valore ancestrale e al tempo stesso profetico, scavano
intensamente il legno dello stilo, svettante per quattro metri di
altezza come albero armonico nella forma e nel colore, sereno gigante
tra le altre presenze verdi del giardino, puntando "gli occhi" al
fiume. Cielo,
terra, acqua e uomo sono in tale prospettiva parti interattive del
rebus del tempo che i due artisti ci propongono e che da sempre scorre,
come un fiume, con ritmi diversi dentro, fuori ed attraverso di noi;
così le stagioni della natura e le età dell'esistenza rendono visibile
il suo fluire e l'uomo, eterno nostalgico di vita, sente la necessità
di misurare il regno di Crono nell'illusione di poterlo controllare ed
arrestare. La meridiana di Giovanni Cesca e Irene Franzin ci ricorda
invece che da sempre il tempo siamo noi, noi siamo il suo senso e la
sua misura, anche attraverso il paesaggio che ogni giorno viviamo e
trasformiamo. Lo
strumento scrittorio che assurge a gnomone non è allora oggetto, ma è
piuttosto, come già evidenziato, viva presenza che decodifica il senso
che diamo all'esistenza, proiettando la sua ombra sull'ambiente
circostante, che come l'uomo, i suoi sogni e le sue azioni,
perpetuamente si rinnova. Così la linea di mezzo che oggi segna la
soglia tra la sfera umida e quella terrestre, in un futuro potrebbe
scintillare nel regno delle acque o bruciare l'erba di un impero
terrestre. E chi è creatura fluviale, che vive lungo le sponde del
Piave e nelle frontiere di bonifica, ha profondamente radicata in sé
l'intuizione di questo fragile equilibrio in costante metamorfosi e
assestamento, da affrontare, così come da secoli, con coraggio e con
passione. Con "Meridiana Venetica" si chiude allora il cerchio dell'antica serena meraviglia, in cui danzano il mistero, il tempo, il simbolo, l'essere umano e il naturale. Non monumento, ma dono è innanzitutto quest'opera: omaggio a un passato sempre vivo che ancora oggi traccia la nostra identità, omaggio al fascino senza tempo di questo paesaggio anfibio; ma soprattutto affettuoso dono che nella dedica incisa a sfumare nel legno, intima e profonda, guarda verso lo studio affacciato sul fiume di un amico che, innamorato della sua terra, ha introdotto i due artisti alla passione di questo mondo incantato. Così lo stilo di Reitia canta oltre il tempo "Giovanni e Irene donano a Renzo".
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