Giovanni CESCA

Giovanni Cesca

GIOVANNI CESCA
di Paola Serra Zanetti
1980

 

L’epifania del colore è un tratto distintivo dell’opera di Giovanni Cesca. I grandi pannelli segnano la necessità di un’opera che non riesce a trattenersi nel luogo deputato del quadro ma sente l’urgenza di sconfinamenti che richiedono una diversa partecipazione operativa.
L’inquadramento delle forze naturali, colte nel processo di un’ attiva esistenza, attraverso un misurarsi concreto e fattuale con esse, è l’intenzionalità complessiva dell’operazione con la sostanza energetica del mondo. Si osservano le forme come da un caleidoscopio mirabolante.
Fermentazione e sedimentazione dei colori e delle forme procedono in un ritmo che presenta molte analogie coi paradigmi musicali.
Negli ultimi anni molti artisti sono ritornati al gioco sconfinato del pennello sulla tela; anche se non fosse metodologicamente corretto parlare di una corrente neo-informale, sappiamo che molti si cimentano con la fluidificazione delle forme per un ritorno alla gestualità.
Tuttavia i quadri di Cesca indicano una progressiva forza vitale che vuole costringere la materia alla ragione, alla scansione vivace dell’intelletto che non si piega al dominio del “fare”. In questo senso si riscontra la novità del gesto poetico del ritorno ai colori e alla tela.
Non più gestualità alo stato puro come nei mitici anni quaranta ( e cinquanta ). Ma consapevole presa di possesso delle facoltà illuminanti e propedeutiche dell’opera d’arte.
L’istantaneità del lavoro artistico si unisce alla speculazione razionale che sorregge, di base, tutto il lavoro di Giovanni Cesca.

 

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