SIPARI APERTI
di Paolo Frasson
1983
Ora - e un
attimo stregato ondeggiano PUFF! -colori coriandoli tremano in questo
sogno o magic-box luminescente. Trasparenze. Poi confetti rosa dolci
stelline che sgranano il raggio di luce nel ventaglio del suo spettro.
Ancora guizzi e vortici e ritmi velano o rivelano cristalline
geometrie, campiture nette. Siamo sul margine di una rappresentazione
drammatica: la linea ipnotica sinuosa che s'arriccia in un cosmo di
frammenti iridati contrasta o diviene taglio punta archetipo evocante,
intuizione di smaglianti campiture. Quali muse invocare? Exploding
galaxy: Giovanni Cesca.
Già, non mi meraviglia una domanda come questa che mi suggerisce una
scenografia così frastornante: qual'è l'oggetto ricercato? Forse si
tratta di ripensare in qualche modo da capo l'atto del dipingere, e
Giovanni Cesca lo fa giocando con l'effimero o l'impossibile: affidare
a una tela un vortice che precipita variopinto drop-out - cade fuori.
C'è qualcosa di incessante: da un magma cosmico emergono fiori dalla
forma pura, geometrie stagliate elissi comete pupazzi o richiami di
immagini classiche, per ritornare dopo quel poco di beatitudine, al
caos. Enigma del farsi e riprodursi.
E infatti si tratta più di spessore atmosferico che di spazio
sconfinato in questi quadri, nello stesso modo in cui nonostante
l'astronomia i bip-bip e i cosmonauti, un cielo stellato resta sempre
qualcosa che non lontano fluttua nell'ambiguità di un sipario troppo
cupo. Che appunto è impossibile interpretarne il fuori se non da ciò
che può improvvisamente rivelarsi. E questo spessore-magma sta fi con
una vicinanza inquietante, quasi a ridosso dell'animo di chi guarda.
Allora occhieggiano fascinosi smalti nella gamma dell'oltremare nei
reticoli del verde o rosa-luce-shocking a invadere a produrre
rifrazioni dove si combinano bolle, grumi, masse - o aloni appena
percettibili e - OOPSS! un'ombra, scivola forse Batman tra il visibile
e l'invisibile. Altrove sulla stessa scena si esibiscono da un
virtuosismo tortuoso figure ironiche o vagamente cubiste: sequenze di
un identico universo. Sorridono, ammiccano, si mascherano e mandano
luce. Seducono: questo è un punto cruciale.
Così il lavoro di Giovanni Cesca approda a un nodo importante:
accostamenti di tinte, vaghi tratteggi la linea e queste che sono e non
sono figure, vogliono essere un work in progress per far breccia nel
campo delle emozioni. Studiare meccanismi e percorsi, cogliere
possibilità, andare oltre. E le lunghe sedimentazioni e
stratificazioni, le contaminazioni del sogno o le suggestioni della
realtà diventano robusta materia o velatura al di là degli stati
d'animo o della vena del momento. Questa specie di rifondazione degli
elementi primari della figurazione pittorica tende dunque al moderno, a
cogliere il legame tra arte ed elaborazione di un fare per produrre
magnetismi emotivi duraturi.
Ecco dunque un caleidoscopio peep-shows di variazioni e di festosi
motivi per verificare idee immagini e slanci; ecco allora che da una
scena sempre nuova, da macchie che attraggono o zone d'ombra affiorano
vibrazioni, ondeggiamenti: un feeling che pare musica.
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