GIOVANNI CESCA
IL TEMPO DELL'ACQUA
INFINITI ORIZZONTI DI CIELI E D'UMIDI SPECCHI
di Chiara Polita
2009
Panta rhei, "tutto scorre",
come sosteneva Eraclito, così in questo ciclo di Giovanni Cesca,
dedicato alle acque, che in un flusso di emozioni e di storia racconta
dolcemente la pura identità del territorio. Infiniti orizzonti di cieli
e di umidi specchi sono ciò che caratterizza le terre di bonifica tra
Piave e Livenza, fino al mare e alla laguna, in un gioco di preziose
screziature cromatiche, di atmosfere intense, afose o fragili e
cristalline, continua metamorfosi di sensazioni.
Silenti
appaiono a prima vista i paesaggi, ma in realtà cantano l'appassionato
assolo di un anima nel quale l'uomo non è assente: è l'occhio che
partecipa e contempla ciò che vede, in una dimensione intima e
profonda, cogliendo l'irripetibile magia e immensità di tali spazi,
nell'attimo senza tempo di un respiro che assorbe quel mondo con tutti
cinque i sensi. Diverse sono le tecniche che si susseguono in questo
ciclo di Cesca, così come lo spirito che le sottende.
A volte l'artista si libra
leggero e coglie in parte dall'alto le dolci distese delle acque, vene
ammalianti che scavano di storia e fascino il paesaggio, fino ad
annullarsi e a dissolversi nell'aria per diventare cielo, luce e
nuvole, nell'incendio di fuoco di un tramonto in laguna o nello
squillante annuncio di un alba che squarcia la notte; in altri scorci
invece è saldamente legato alla terra, altra forte radice insieme
all'acqua, e quasi sfiora quelle liquide superfici, tanto profonde
quanto l'empireo, con cui contendono l'azzurro.
Dalla sfera
immateriale e astratta di sinfonie di cieli sulla laguna e di atmosfere
d'acque del Gorgazzo, specchi reconditi e ancestrali quanto l'eterno
quesito della vita, Cesca sapientemente dà voce all'emozione nel
colore, che è innanzitutto straordinaria vibrazione anche sull'aria di
una stessa corda, come nel caso di "Intenso blu alle fonti del
Gorgazzo".
A questa dimensione quasi
spirituale e senza tempo, in cui il fattore cromatico crea lo spazio e
la profondità, si alternano limpidi scorci del Piave, del Livenza, di
canali di bonifica, fino alle materne avvolgenti acque della Laguna:
sono visioni vivide e plastiche che ripercorrono la commozione di un
viaggio alla scoperta dell'incanto del territorio, teletrasportando sul
posto l'osservatore con la concretezza dello sguardo, senza nulla
tralasciare.
La corporeità di tali immagini, vissuta anche
attraverso un intenso ciclo di sanguigne, che costituiscono un omaggio
a Caorle, ai suoi casoni e alle sue spiagge, popolate di evocative
presenze naturali, si integra con un'altra affascinante proposta
dell'artista, che in una raffinata e preziosa atmosfera, tra romantico
e sublime, gioca tra suggestioni da sogno profuse dai nostri paesaggi:
così ad esempio nell'enigma che spira dalle foschie di "Baroque" o
nell'impatto turneriano di "Nebbia vermiglia in bacino", nel quale si
annulla la distinzione tra orizzonte d'acqua e di cielo, rendendo
Venezia città eterea, avvolta in uno spazio gassoso primordiale; o
ancora in "Tramonto sulle brume", dove l'empireo assume le
caratteristiche di una superficie liquida solcata da onde di nuvole
salmonate, mentre l'acqua evapora e diventa spazio immateriale, che si
fa soffice nuvola, cuscino di una città fragile e sospesa.
E in questo intreccio di sguardi, in cui nulla è come appare, ma invita
a procedere oltre, con il cuore e con la mente, riaffiora anche la
memoria dei Veneti antichi, la cui storia si fonde con la natura
anfibia di questo territorio.
Così il tempo dell'acqua di Giovanni Cesca scorre dentro e fuori di noi, rendendoci parte di un unico straordinario paesaggio.
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