Giovanni CESCA

Giovanni Cesca

IL REALISMO MAGICO DI GIOVANNI CESCA, PITTORE DELLA FORMA E DELLA LUCE, ESTETA DELLA NATURA E DELLA STORIA

di Roberto Costella
2003

 

Le stagioni della sperimentazione artistica

La svolta

Le riscoperta della forma e della luce

I paesaggi fluviali

I paesaggi rurali, i paesaggi alberati e i paesaggi aerei

Le nature morte


 

LA SVOLTA

In una storia apparentemente destinata a proseguire con linearità e ad assecondare un'ansia di ricerca continua, un incidente obbliga Giovanni Cesca a ripensare le ragioni dell'esistenza e necessariamente quelle della sua arte: il trauma della vita incide e porta a dubitare sul senso e sulla motivazione di una direzione già esteticamente indirizzata.
Il bisogno di sincerità lo induce a verificare l'autenticità della sua espressione pittorica, lo spinge ad approfondire il rapporto tra forma e contenuti: ne scaturisce una crisi personale che determina anche la "crisi della modernità"; si avvia così la ricerca delle radici, la scoperta dell'identità originaria, la individuazione delle pulsioni estetiche primarie.
Giovanni Cesca condivide ora le posizioni teoriche di Jean Clair in cui si afferma che "L'estetica della modernità in quanto estetica dell'innovatio, sembra aver esaurito tutte le possibilità della sua creazione. (…) L'utopia del novum è scaduta. (…) Sembra allora delinearsi … un'estetica che potrebbe essere quella di un rinnovamento, inteso come un riattingere alla memoria, un ricorso al passato culturale, l'esplorazione di una dimensione che è quella della storia, destinata a ridare alla creazione l'interiorità perduta " (Critica della modernità, 1983).
Il periodo è lungo e sofferto perché comporta la revisione di un percorso durato più di vent'anni e perché impone una svolta radicale senza possibilità di ritorno; ma la decisione è irrinviabile essendo improrogabili e ineludibili le spinte al cambiamento.
Riassumendo l'itinerario artistico Giancarlo Pauletto nel 1996 scrive: "Il lavoro pittorico di Giovanni Cesca … ha risposto ad una coerenza operativa che ha amalgamato in unità impulsi provenienti da diversi, ma non contrari versanti delle avanguardie storiche, quali possono essere considerati gli ambiti del simbolismo, del surrealismo, dell'informale, attraversati da una libera attenzione anche a motivi proposti dalla più recente coscienza postmoderna, che ben riconosce la libertà del gioco intersecato dei linguaggi ".
Nascono le opere che segnano la svolta: sono la Via crucis e la pala d'altare della Resurrezione-Assunta per la chiesa parrocchiale di Mussetta di San Donà di Piave, realizzate tra il 1990 e il 1992; si tratta delle prime immagini che registrano il recupero della referenzialità formale attraverso il ripristino del naturalismo anatomico applicato alla figura umana, non ancora della spazialità prospettica e atmosferica.

La prima esposizione personale dedicata alla nuova stagione artistica è lungamente meditata e accuratamente preparata: viene effettuata alla Canoniche Nuove di Treviso: nel 1996 l'artista si mostra al pubblico senza reticenze, consapevole della coerenza della nuova produzione pittorica, rivendicando il "diritto-dovere" ad un cambiamento motivato dalla "libertà-necessità" del recupero della pura visibilità.

 


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