Giovanni CESCA

Giovanni Cesca

IL REALISMO MAGICO DI GIOVANNI CESCA, PITTORE DELLA FORMA E DELLA LUCE, ESTETA DELLA NATURA E DELLA STORIA

di Roberto Costella
2003

 

Le stagioni della sperimentazione artistica

La svolta

Le riscoperta della forma e della luce

I paesaggi fluviali

I paesaggi rurali, i paesaggi alberati e i paesaggi aerei

Le nature morte


 

I PAESAGGI RURALI, I PAESAGGI ALBERATI E I PAESAGGI AEREI

 

La centralità della pittura di paesaggio nella produzione di Giovanni Cesca è incontestabile:
continuando una ricognizione estetica, emozionale e topografica l'artista resta concentrato sulla campagna veneta di cui interpreta anche i sentieri alberati, le siepi rigogliose, le distese coltivate.
Se la luce e l'acqua erano gli elementi fondamentali dei paesaggi fluviali, è invece la terra a porsi come motivo centrale e strutturante i paesaggi rurali, fino a conferire senso di concreta fisicità e stabilità alla pianura coltivata.
Scene organizzate con una sequenza continua di piani prospettici, presenze connotate da colori puri atti a fissare la sostanza della materia biologica, identità precisate con la massima definizione formale, associano prati erbosi e campi coltivati ad essenze arboree che profilano orizzonti planiziali più o meno profondi.
Le immagini alternano spazi chiusi o comunque delimitati, scanditi da nette chiaroscurazioni di luce ed ombra, come in Viottolo d'inverno del 1992 e in Viottolo di campagna del 1995, a spazi dilatati immersi in una luminosità diffusa come in Fiume di grano del 1993 e in I soffioni respirano l'aria del Piave del 1996.
Se la tecnica più usata è quella pittorica, molti paesaggi tuttavia sono realizzati con matite e crete monocrome o con pastelli colorati. L'interesse per la forma graficamente delineata non preclude l'interpretazione della luce già protagonista nelle immagini dipinte: la stesura cromatica di Giovanni Cesca è meditata, controllatissima e tende a superare ogni dominanza segnica attraverso insistite e leggerissime campiture che sgranano e dissolvono i percorsi incidenti e le tracce lineari.
La trama grafica è ottenuta per tratteggi successivi così leggeri da essere quasi impercettibili: Giovanni Cesca lavora nel disegno con tecnica analoga alla pittura perché l'esecuzione avviene attraverso passaggi reiterati morbidissimi che corrispondono a quelli delle velature sovrapposte e trasparenti della pittura a olio.
Parade del 2000 è composizione emblematica e campionario di paesaggi naturali incorrotti, interpretati in differenziate condizioni di luce nei diversi momenti della giornata solare: la policromia complessiva evidenzia una gamma tonale estesissima e graduatissima.
Le venticinque scene adottano colori "coprenti" e "costruttivi" in riferimento allo spazio terrestre, e "trasparenti" in rapporto a quello aereo: si tratta sempre di toni puri, di pigmenti armonicamente combinati capaci di cogliere e illuminare la vitalità di questi spazi naturali.
Le immagini privilegiano riprese frontali con una panoramica molto ampia e profonda, cercando di esaltare i colori primaverili ed estivi di una terra veneta rivestita dai verdi fogliari, dai gialli del grano maturo, dai rossi punteggiati dei papaveri.

Ma alcune di queste scene avvicinano le sequenze arboree lontane concentrando il campo visivo su singoli alberi posti come forme emblematiche in primo piano.
Se lo spazio terrestre dei paesaggi rurali valeva come profondità in allargamento e lo spazio acqueo dei paesaggi fluviali si qualificava come percorso in allontanamento, lo spazio dei paesaggi alberati invece si manifesta come luogo circoscritto e identificato da una peculiare presenza.
L'albero assurge a protagonista assoluto, a figura inamovibile e perenne; diventa soggetto rappresentativo connotante il sito in cui si radica e si erge a testimone della storia naturale che lo ha prodotto.
Ma l'essenza vegetale è anche espressione di una vitalità biologica che trova la sua energia nella simbiosi di terra, aria e luce associate nel processo di fotosintesi.
La valenza espressiva assume comunque caratteri molto diversificati: Pioppi lungo il Piave del 1992 esibisce alberi frondosi che occupano estensivamente la superficie pittorica per esaltare la biofilia vegetale con il rigoglio dei verdi; Batuffoli di colore e profumo del 1994 si concentra sulla delicata ed eterea cromia della fioritura primaverile; Il valzer delle streghe del 1997 e Danza catalana in rosa del 2000 interpretano in chiave ritmica i percorsi lineari dei tronchi, dei rami e delle chiome, fino ad evocare una sorta di partitura figurata; L'albero di Reitia del 2000 grazie all'articolazione monumentale si mostra testimone di una storia remota e mitica capace di rendere evidente il senso del "sacro naturale".
Così solitari ed espressivi, così identificati e saldi, gli alberi sono presenze tanto vive da sembrare "ritratti": potrebbero essere rappresentazione simbolica o indiretta di un'identità animata e, più precisamente, costituirsi figure umane sotto mentite spoglie.
Depositarie di un messaggio intimo e impegnate in una testimonianza ultima, queste arcane presenze auspicano forse la palingenesi dell'uomo naturale.
In molte immagini come Alba nebbiosa sulla campagna del 1998 e Alba rossa con nebbia del 1998, piante solitarie o macchie d'alberi legano la terra oscurata al cielo illimitatamente dilatato e luminosamente irradiato.
I paesaggi aerei nascono alla fine degli anni Novanta giustificati dalla volontà di misurarsi con lo spazio-luce dell'atmosfera; compongono una concertata policromia libera da riferimenti a forme concluse, opache o pesanti. E' una ricerca di "assoluto" e di "infinito" che spiega queste scene eteree, sostenute da un'armonica declinazione tonale e fenomenicamente ispirate ad un'intensa luce aurorale o crepuscolare.
Sono opere realizzate quasi esclusivamente a pastello con stesure ripetute che arrivano a dissolvere ogni trama segnica per qualificare uno spazio continuo e smaterializzato dotato di luce sorgiva talvolta abbacinante.
Le scene più intensamente policrome sembrano ispirate da albe o tramonti in terre veneziane: Rosso sulla laguna del 1997, Nuvole sulla laguna del 1999, Armonie silenziose nella laguna del 2000 sono immagini che tendono a dilatare lo spazio terrestre fino ad una dimensione cosmica, per esaltare la magia ed il mistero di una sfera celeste che diventa estensione spiritualizzata espressa attraverso la luce.

Il mondo agrario e fluviale, il mondo vegetale e atmosferico della terra veneta costituiscono i motivi tematici della pittura di Giovanni Cesca. Le composizioni dei paesaggi nascono attraverso un processo lento ed articolato: l'artista fa riferimento alla percezione visiva ed emotiva del luogo ispiratore, ad uno schizzo rapidamente appuntato, ad un'istantanea fotografica, ma senza mai dipingere en plein air.
L'esecuzione pittorica si sviluppa in seguito, lasciando sedimentare, decantare e poi interagire il ricordo ottico e la sensazione affettiva con l'abbozzo grafico e l'immagine meccanica: Giovanni Cesca ha cioè la necessità di superare il rapporto diretto e impressionistico, allontanandosi dall'esperienza fenomenica per sublimare l'immagine esteriore del vissuto.
Tale distacco pretende tempi dilatati, richiede la dissociazione tra la fase di ricognizione emozionata e la fase di interpretazione figurata.
Resta però un ultimo legame con il luogo, quello fissato da una fotografia destinata a selezionare e circoscrivere, a descrivere ed evocare l'ambito della percezione empirica originaria: l'immagine stampata diventa allora elemento catalizzatore di un'operazione artistica che determina un recupero interiorizzato dell'emozione estetica, elaborando una scena figurata intenzionata a comporre nella luce-colore il vissuto individuale dell'artista e la storia naturale del luogo.
La distanza spazio-temporale che si interpone tra l'immagine-ricordata e l'immagine-realizzata è colmata dalla riflessione, dalla ricerca finalizzata a recuperare l'identità vitale e spirituale dello spazio naturale rappresentato, le ragioni della sua sostanziata e animata fisicità.
Il "realismo magico" di Giovanni Cesca si spiega proprio nella compresenza di apparenza ed essenza, di realtà ed idea, di veduta e visione: è un linguaggio che mantiene un legame inscindibile tra l'immagine della percezione ottica e quella della interpretazione estetica, mai deviando dal concetto di arte come mimesis, e mai rinunciando ad interpretare l'incanto del divenire naturale e il miracolo della rigenerazione biologica.

 

 


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